Gestione delle emozioni

2014-11-19Pubblicato da Raffaele Credendino

 

Salve vorrei condividere questo articolo di Anselm Grun, monaco Benedettino tedesco, sulla gestione delle emozioni. 

Una profonda riflessione sui logismoi,  le nove passioni o emozioni che sono presenti nella persona, può permettere di conoscersi e migliorarsi continuamente.

(da Anselm Grun, Testimoni n. 12, 2009)

http://dimensionesperanza.it/aree/spiritualita/spiritualita-della-vita-religiosa/item/5598-formazione-e-trasformazione-anselm-grün-osb.html

Il  cammino spirituale dice che  tutto può  essere  trasformato. Ma può essere  trasformato  solo  ciò  che noi  accettiamo  e  guardiamo.  Il pericolo è che qualcuno non  sia pronto  a  guardare  la propria  verità. Allora non prende  la  strada della  trasformazione, ma  la  strada della  compensazione che  lo porta  in un  vicolo  cieco.

La maturità umana

Chi desidera diventare sacerdote o religioso o religiosa deve diventare consapevole di se stesso. Deve affrontare un processo di maturità umana. Vorrei mettere l’accento soltanto su alcuni aspetti della maturità umana. Si tratta in primo luogo di una sana autocoscienza del proprio valore. Ho bisogno di intuire le mie capacità, il mio valore. Autocoscienza del proprio valore significa che io intuisco la mia unicità. Mi è lecito essere me stesso. Non mi devo paragonare con altri. Molti credono certamente alla parola che Dio nel battesimo ha pronunciato su di noi: “Tu sei il mio figlio prediletto, Tu sei la mia figlia prediletta, in te mi sono compiaciuto”; ma le immagini negative di sé che nella loro infanzia si sono impresse su di loro, impediscono di sperimentare che il fatto di essere accolti da Dio determina anche la percezione di sé. Troppo in profondità sono entrate in loro delle voci negative, come: “io non sono a posto. Nessuno può sopportarmi. Io sbaglio tutto”. Una sana autocoscienza del mio valore la posso sviluppare solo quando io osservo tutte le immagini negative di me stesso e me ne congedo. Si tratta allora di permettermi di essere così come sono. Ai giovani consacrati consiglio sempre: medita mezz’ora davanti a Cristo: “tutto può succedere. Io non mi condanno per nessun pensiero e nessun sentimento, ma io considero tutto dentro l’amore di Cristo”. Una sana autocoscienza del proprio valore nasce se io sviluppo la percezione della mia unicità. Non devo essere più forte degli altri, non devo essere orgoglioso e sicuro di me stesso. Si tratta piuttosto di scoprire il mistero di me stesso. È una buona meditazione quella di ripetere in tutte le situazioni di una giornata la parola che Gesù secondo Luca dice dopo la risurrezione: “sono proprio io”. Se noi pronunciamo questa parola nei nostri incontri, nei dialoghi, nel lavoro, ci accorgeremo che spesso noi non siamo noi stessi. Ci adeguiamo alle aspettative degli altri. Quando questa parola penetra profondamente dentro di noi, allora noi ci sentiamo liberi. Smettiamo di metterci sotto pressione o di condannarci. Noi siamo ormai noi stessi. Ma quello che noi veramente siamo non possiamo più descriverlo. È in fin dei conti un mistero. In questo noi stessi in fin dei conti noi incontriamo anche Dio.

Un’altra strada della maturità umana passa attraverso l’osservazione dei bisogni e delle passioni. I primi monaci hanno sviluppato la dottrina deilogismoi. Sono nove passioni o emozioni che sono presenti nella persona. Sono innanzitutto neutri. Ma ci possono anche dominare. Si tratta di conoscersi meglio, non per condannare se stessi, ma per riconoscere come io tratto le mie passioni. Inoltre i monaci dicono: tu non sei responsabile dei pensieri e delle passioni che hai, ma solo di come tu li tratti. I primi logismoi sono i tre impulsi fondamentali: cibo, sessualità, aspirazione al possesso. Tutti e tre gli impulsi vogliono spronarci a vivere. E in fin dei conti vogliono spingerci verso Dio. Ma possono anche diventare delle bramosie. Allora ci dominano. Non si tratta di recidere gli impulsi, perché altrimenti ci mancherebbero delle importanti energie vitali. Si tratta di integrarli nella nostra vita di modo che ci aprano verso Dio. Il cibo culmina nel pasto sacro, nell’Eucaristia. La sessualità in fin dei conti desidera diventare una sola cosa con Dio nell’estasi dell’amore. E l’aspirazione al possesso deve rimandarci alla ricchezza interiore della nostra anima.

I tre logismoi della sfera emozionale sono: tristezza, ira e accidia. La tristezza è la commiserazione di se stessi. Io compatisco me stesso, nuoto nella commiserazione di me stesso. A motivo della tristezza ci sono spesso desideri infantili o grandi fantasie. La guarigione della tristezza sta nel lutto. Devo portare il lutto per il fatto di essere mediocre, di non essere perfetto, di non essere il più grande santo. Nel lutto vengo a contatto con le mie vere forze. L’ira e l’aggressività vogliono regolamentare la relazione tra la vicinanza e la distanza. Ho bisogno dell’aggressività per mettere un confine tra me e gli altri. In una comunità posso vivere bene solo se sono capace di entrambi questi atteggiamenti: accettare la vicinanza e mettere dei confini. L’accidia è l’incapacità di vivere il momento presente: non ho voglia di lavorare, né di pregare e nemmeno di fare nulla. Non posso sopportare me stesso. L’accidia viene guarita dall’esercizio di rimanere in se stessi, di sopportare questo stato in se stessi.

I tre bisogni della sfera religiosa sono:la sete di gloria, l’invidia e l’orgoglio (in greco: hybris). Quando ho sete di gloria, sono continuamente rivolto all’opinione che gli altri hanno su di me. Io ho bisogno di riconoscimento e di lode. Mi definisco a partire dalla lode che mi fanno gli altri. Quando provo invidia, mi paragono agli altri. Svaluto gli altri per rivalutarmi. Oppure al contrario io annullo me stesso, perché gli altri sono migliori di me. Io non sono presente a me stesso, ma vivo a partire dal confronto con gli altri. L’orgoglio è il rifiuto di accettarmi con le mie zone d’ombra e i miei punti ciechi. Ho una così alta immagine ideale di me stesso che sono cieco di fronte alla mia realtà. C. G. Jung parla qui di inflazione. Io mi gonfio con le grandi immagini ideali. È pericolosa l’identificazione con le immagini archetipe, per es. con l’immagine del soccorritore e del salvatore. Se mi identifico con il soccorritore, divento cieco di fronte ai miei bisogni. Mentre mostro vicinanza all’altro, dietro alla vicinanza io esprimo e maschero il mio bisogno. Ciò è spesso il motivo degli abusi sessuali dei sacerdoti.

Si tratta di guardare questi nove logismoi e di usarli in modo tale da sfruttare la forza presente in questi pensieri e sentimenti per il mio cammino spirituale e umano.