Emozioni e letteratura

2014-11-10Pubblicato da Rosaria Dell'Aversana

 

Data la nostra tematica, mi sono chiesta quale fosse il ruolo giocato dalle emozioni nella mia pratica didattica, da docente e studentessa di lettere, e mi sono resa conto di quanto, al di là delle riflessioni tecniche, ogni libro che ho letto e ogni alunno che mi sono trovata di fronte suscitino istantaneamente in me, laddove io li richiami alla memoria, un’emozione. Del resto, i libri (siano essi classici della letteratura o best-seller contemporanei) che ognuno di noi ha amato di più sono quelli che ci tengono legati a sé con un’emozione, quelli con cui abbiamo instaurato una relazione empatica. Se in classe ci soffermiamo tanto sull’analisi dei personaggi e ci arrovelliamo per tratteggiare la loro psicologia, è proprio per comprenderli, per entrare in empatia con loro, per averli come compagni di viaggio. Ogni volta che entro in un’aula mi auguro di riuscire a far sì che i miei ragazzi possano davvero ripercorrere il regno ultraterreno con Dante, che vadano con Astolfo a recuperare il senno di Orlando sulla Luna, che si guardino allo specchio con Vitangelo Moscarda e che vivano la vita di trincea con Ungaretti. Credo, infatti, che solo passando attraverso un’emozione gli alunni riescano a sentire come proprie le pagine della letteratura e a conservarle nella memoria per tanto e tanto tempo. Chiudo, pertanto, proponendovi  un passo sulla “diversità” tratto dal mio libro preferito, dove ogni riga è per me legata ad un’emozione, “Il libraio di Selinunte” di Roberto Vecchioni:

 “C'è negli antipodi, nel contrasto assurdo, nel diverso in natura come un filo che se lo tiri ti fa sentire vicino a una verità che le cose di tutti i giorni nemmeno sfiorano. C'è nel lampo e nel tuono una forza che manca alla giornata serena; c'è nella febbre, nell'incubo notturno, perfino in una sbornia, un indefinibile attimo di chiarezza, di certezza improvvisa. Quando qualcosa sconvolge ci dice molto di più di quel che siamo abituati a sentire. L'inspiegabile, l'unico arriva come a scuoterti, svegliarti da un sonno di ordinarie, concilianti abitudini. L'uomo ha livellato tutto, pur di far scorrere il suo sangue a quella precisa velocità, far battere il cuore a quel ritmo sempre uguale a se stesso e così vivere il più a lungo possibile, non importa come, non importa a costo di cosa, pur di vivere disegnando una linea dritta, tra immagini a specchi consueti. Eccoli lì, macchine in un grande garage ordinato e pulito, dove ogni manovra d'entrata, uscita, sosta, parcheggio, precedenza, è stata così precisamente organizzata che non dobbiamo più chiederci quale sia il nostro posto, il nostro percorso, il nostro box. Ma forse non siamo in un box. Forse questo mondo non è nato per essere un garage. Forse questo posto è stato pensato come un parco giochi o una stazione ferroviaria di treni a orari imprevedibili. I pazzi, i selvaggi, i bambini hanno ancora di queste intuizioni”.