Il linguaggio empatico indispensabile: gli emoticons

2014-11-04Pubblicato da Valeria Di Fiore

 

Gli emoticons sono entrati a far parte della comunicazione, costituendo un linguaggio autonomo internazionale. Quando i primi telefonini cellulari limitavano il numero dei caratteri degli sms, con un costo per ogni invio, gli emoticons erano una conveniente soluzione per inserire più informazioni in un unico messaggio; costituivano anche una forma di passatempo, poiché i caratteri dell’alfabeto e la punteggiatura generavano  faccine e disegni molto più espliciti di un numero ridotto di parole. Oggi sono invece di uso comune, al punto che non riusciamo a  pensare ad  un messaggio di testo o ad un WhatsApp senza inserirne almeno uno. Gli appassionati delle regole grammaticali e della sintassi potrebbero credere che si tratti di un’involuzione della capacità di comunicare, invece saper collegare emozioni a sequenze di segni di punteggiatura è un progresso della comprensione e della percezione rispetto agli input che la mente riceve. Uno studio condotto in Australia ha dimostrato che di fronte alle faccine e a sorrisi reali il cervello reagisce alla stessa maniera; gli smiles sono infatti rappresentazioni di stati d'animo, regolamentati secondo un criterio culturale e non naturale, per questo hanno come caratteristica la riconoscibilità e una certa predisposizione empatica. Alle emozioni manifestate attraverso i movimenti del volto si presta più attenzione che a qualunque altro tipo di comunicazione interpersonale.