La Sindrome di Stendhal: se l'arte suscita emozioni troppo forti

2014-11-03Pubblicato da chiara di girolamo

 

La Sindrome di Stendhal è una particolare reazione emotiva delle persone che si trovano ad ammirare opere d’arte, così chiamata perché quando nel 1817 lo scrittore francese Stendhal, l’autore de “La Certosa di Parma”, si recò a Firenze, visse un’esperienza di estasi straordinaria di fronte a tanta bellezza. Dopo la visita alla Basilica di Santa Croce a Firenze, scriveva: “Là, seduto su un gradino di un inginocchiatoio, la testa abbandonata sul pulpito, per poter guardare il soffitto, le Sibille del Volterrano mi hanno dato forse il piacere più vivo che mai mi abbia fatto la pittura. Ero già in una sorta di estasi, per l’idea di essere a Firenze, e la vicinanza dei grandi uomini di cui avevo visto le tombe. Ero arrivato a quel punto di emozione dove si incontrano le sensazioni celestiali date dalle belle arti e i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, avevo una pulsazione di cuore, quelli che a Berlino chiamano nervi: la vita in me era esaurita, camminavo col timore di cadere”.

La Sindrome di Stendhal è un disturbo psicosomatico transitorio che compare con tachicardia, vertigini, disorientamento, confusione dinanzi ai capolavori dell’arte particolarmente significativi e racchiusi in uno spazio limitato. La persona, generalmente più sensibile ed emotiva, indugia in una forma di estasi contemplativa, superando l’immagine che ha di fronte fino a immedesimarsi nell’opera stessa.

Una psichiatra italiana Graziella Margherini, responsabile del servizio per la salute mentale dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Firenze, sostiene che durante la crisi “si animano vicende profonde della realtà psichica e si riattiva la vitalità della sfera simbolica personale. E il viaggio diventa pure, nella sue soste tanto attese nelle città sognate, un’occasione di conoscenza di sé”. Il disturbo sorge di fronte ad opere con accezioni simboliche, ambivalenti e sensuali che sfiorano parti dell’inconscio inesplorate, facendo riemergere esperienze emozionali rimosse e aspetti di sé non risolti.

L’indagine fu avviata dopo aver osservato il numero considerevole di turisti che, usciti dagli Uffizi e in preda a inconsueti malori, si recavano nel vicino ospedale fiorentino.

Grazie alla scoperta dei neuroni-specchio, si è giunti all’ipotesi che il cervello di soggetti particolarmente sensibili riceva troppi impulsi visivi nello stesso momento che producono un’intensa eccitazione. Così come siamo dotati di un cervello visivo con cui conosciamo la realtà esterna, allo stesso modo siamo dotati di un cervello artistico, con cui costruiamo nella nostra testa l’opera d’arte.

C'è anche una teoria psicoanalitica che ipotizza che il soggetto affetto dalla Sindrome di Stendhal non gode della bellezza estetica del capolavoro artistico, ma cade preda dell’angoscia ed è preso a livello inconscio da un attacco di invidia del bello di cui vorrebbe impossessarsi; il senso di impotenza di fronte alla perfezione lo agita e ciò causerebbe malesseri psicosomatici. E' come se volesse essere lui l'autore di tanta grandezza artistica e sente perciò la sua impotenza di fronte al capolavoro.