L'analfabetismo emotivo

2014-10-27Pubblicato da Carla Di Palma

 

Le moderne teorie in psicologia cognitiva, psicoanalisi e psicosomatica riconoscono tutte, pur da varie angolazioni, l’importanza delle emozioni nel sostenere i processi motivazionali e di pensiero, la soddisfazione nelle relazioni e il mantenimento della salute fisica e mentale. Quella “pubblicizzazione dell’intimità” che secondo Umberto Galimberti (L’ospite inquietante, 2007) avviene ad esempio attraverso blog e social network porta tuttavia con sé un crescente analfabetismo emotivo: attraverso avatar e profili virtuali ci si mostra, ci si presenta, si esibisce un’identità incerta, mutevole e a volte anche fittizia, ma non ci si racconta né a sé stessi né agli altri. Si entra cioè in contatto con altri milioni di contatti perdendo la capacità e la possibilità di implicarsi emozionalmente, di riconoscere e utilizzare le emozioni in sé stessi e negli altri come base del pensiero, della motivazione e della relazione ridotta spesso ad un’esibizione di facciata. Analfabetismo emotivo e intelligenza emotiva Daniel Goleman (1995) ha diffuso il concetto di “intelligenza emotiva” elaborato nel 1990 da Salovey e Meyer sottolineando l’importanza di sviluppare la capacità di saper riconoscere le proprie ed altrui emozioni, saperle elaborare ed usare in modo adeguato al contesto per raggiungere gli obiettivi desiderati e per i rapporti interpersonali. L’intelligenza, infatti, non è solo un fattore cognitivo: leggere le proprie e altrui emozioni riuscendo ad utilizzarle rappresenta una risorsa fondamentale per darsi degli obiettivi, saper scegliere e risolvere i problemi. Analfabetismo emotivo significa, al contrario, non avere un lessico, un codice espressivo e comunicativo per le emozioni, significa non riconoscerle né in sé stessi né in altri. Analfabetismo emotivo e alessitimia In psicosomatica il concetto di analfabetismo emotivo è più propriamente espresso con il costrutto dell’alessitimia, letteralmente l’assenza di parole per le emozioni associata ad un pensiero estremamente concreto, orientato all’esterno e ad una vita immaginativa e creativa estremamente scarsa. Tale costrutto, assimilabile al concetto di analfabetismo emotivo, consente di rileggere i disagi psicosomatici e psicologici in generale come “passaggi all’atto”, stati emotivi non elaborati e non riconosciuti direttamente agiti attraverso il sintomo somatico o il comportamento. Analfabetismo emotivo e realtà virtuale La comunicazione che blog e social network consentono, prescindendo dalle responsabilità e le implicazioni di un contatto fisicamente “reale”, possono assumere questo carattere di passaggio all’atto; là dove l’analfabetismo emotivo impedisce di riconoscere ed utilizzare le emozioni, le identità edulcorate e fittizie anonimamente assunte tramite il web diventano strumento per distrarsi da sé stessi e da ciò che di sé non si comprende: i propri vissuti sembrano esibiti e messi in mostra ma raramente fatti oggetto di discussione e confronto. L’analfabetismo emotivo si può superare riconoscendo l’emozione come un possibile oggetto di pensiero e di comunicazione con l’altro, la via più faticosa forse, questa, ma la più proficua per esistere realmente e non solo virtualmente.