L'importanza di instaurare un contatto emotivo

2014-11-10Pubblicato da Davide Bagnasco

 

Se non si crea un rapporto empatico non è possibile entrare in comunicazione con l’alunno.

Un docente entra in contatto con il suo allievo quando fa comprendere all’allievo la bontà del suo insegnamento, le mete che si intendono raggiungere e gli obiettivi graduali che si devono perseguire durante il percorso. 

L’educazione alla relazionalità è fondamentale e rappresenta una condicio sine qua non per stabilire il contatto con l’allievo che innanzitutto  deve accettare il docente.

Il rapporto gerarchico non pone l’alunno nella condizione di accettare l’autorità del docente: l’autorità si accetta allorquando la si riconosce e la  si riconosce nel momento in cui si entra in un rapporto di relazione. Ciascuno di noi vive prima di tutto una situazione interpersonale, una relazione tra persone. Nessun individuo può avere la presunzione di essere autosufficiente: viviamo, infatti,  in un mondo di relazioni.

La relazione nella comunicazione diventa un fattore fondamentale nei rapporti umani, personali e sociali. La relazionalità è un fulcro attraverso il quale andiamo a costruire la nostra lezione: essa è  collegata direttamente allo sviluppo e all’intelligenza emotiva. Qualsiasi gesto, incontro, rapporto con l’altro, lo abbiamo sulla base di una serie di emozioni che costruiamo all’interno del nostro io, valicano il confine della nostra individualità e vanno ad incontrare le emozioni degli altri. E’ l’emozionalità che sta alla base di tutto. Leggiamo le emozioni e impariamo a controllarle gestirle utilizzarle, nel momento in cui entriamo in contatto con gli altri.

La scuola ha messo al centro della relazione il ruolo dell’intelligenza emotiva.

Secondo una visione ormai superata l’intelligenza è esclusivamente quella capacità che permette all’individuo di gestire la propria vita nei contesti, di porsi i problemi e saperli risolvere.

 Howard Gardner fa superare questo convincimento: l’intelligenza non si può misurare con il QI, atteso che ciascuno di noi è portatore di 7 intelligenze.

  1. linguistica
  2. matematica
  3. spaziale
  4. musicale
  5. cinestetica
  6. intrapersonale
  7. interpersonale
  8. esistenziale
  9. naturalistica

In ciascuno di noi sussistono queste intelligenze. Partendo da intelligenza interpersonale e intrapersonale Goleman costruisce il concetto di intelligenza emotiva, che deve essere sviluppata, potenziata e – all’interno della scuola- guidata. E’ più semplice insegnare  un ‘equazione che insegnare a gestire l’ansia o la paura, ad essere capace di attivare un canale di comunicazione per porsi in rapporto con gli altri.

Questo a maggior ragione nel caso dell’alunno disabile. L’alunno diversamente abile non riesce a costruire un’identità forte capace di gestire la complessità della realtà in cui si trova a vivere. Nell’alunno diversamente abile l’educazione dell’intelligenza emotiva diventa un aspetto ancora più importante che non negli alunni normodotati. Il primo passo da compiere è quello di stabilire con l’alunno un rapporto empatico. L’empatia è la capacità di un soggetto di riuscire a mettersi nei panni degli altri, di sforzarsi di capire che cosa sta pensando chi ha di fronte e perché lo sta pensando.

Occorre comprendere da parte dei docenti la necessità di fornire gli strumenti della conoscenza non la conoscenza, perché viviamo in una società in cui c’è rapida obsolescenza delle conoscenze: ed è il metodo quello che va insegnato.

Il nostro ruolo di docenti va esercitato nella consapevolezza di dover consegnare alla società non solo uno studente con un buon bagaglio di conoscenze, ma che sia in grado di utilizzare queste conoscenze. E' fondamentale che tutti gli alunni lungo il loro percorso imparino saper gestire le emozioni: tristezza, paura, rabbia, gioia, vergogna, disgusto, disprezzo, collera, amore.