La formazione della mente. L'attaccamento, la memoria e le esperienze interpersonali fanno cio' che siamo

2014-10-03Pubblicato da Giuseppe Esposito

 

Il presente contributo fa riferimento ad un lavoro di Siegel e Hartzell edito in Italia nel 2005. Si cerca così di riassumere lo stato dell'arte (le ricerche più recenti) della neurobiologia interpersonale fornendo così indicazioni complesse ma affidabili di come si forma la mente, la memoria (implicita ed esplicita), e la coscienza di sé e come interagiscano alla formazione di tali funzioni la genetica e le esperienze interpersonali. In alcune parti si farà riferimento al rapporto genitore-figlio, ma è possibile generalizzare tale influenza nella formazione della mente ai caregiver.

1. Attaccamento, mente e cervello: la neurobiologia interpersonale.

La psiche umana, definita come anima, intelletto o mente, è un'entità funzionale, un processo che emerge dalle attività del cervello. Le conoscenze sul cervello, come sistema integrato dell'organismo, sono esplose nel corso degli ultimi decenni con lo sviluppo delle neuroscienze, che studiano come i processi mentali sono creati dall’attività dei "neuroni cerebrali”.
Nello stesso tempo, la psicologia ha esplorato il sistema umano in diverse dimensioni: memoria, pensiero, emozioni, sviluppo, solo per citarne alcune. La nostra comprensione dello sviluppo infantile è stata notevolmente ampliata dalla teoria dell'attaccamento. Ricerche nel campo dell'attaccamento hanno generato nuove conoscenze sul modo in cui la relazione genitore-figlio influenza il successivo sviluppo del bambino, e hanno mostrato come le interazioni e i tipi di comunicazione che il bambino stabilisce con le persone che si prendono cura di lui possano influenzare in maniera diretta lo sviluppo dei suoi processi cerebrali.
Possiamo quindi cercare di integrare ciò che sappiamo sul modo in cui il cervello da origine ai processi mentali (neuroscienze) con le nostre conoscenze su come le relazioni interpersonali plasmano questi processi (studi sull'attaccamento). La "neurobiologia interpersonale" fornisce una base generale di conoscenze con cui cercare di capire le esperienze quotidiane dei bambini e dei loro genitori e in generale delle relazioni interpersonali.
L'approccio della biologia interpersonale allo studio dello sviluppo è organizzato attorno a tre principi fondamentali:
- La mente è un processo che coinvolge un flusso di energia e informazioni.
- La mente (flusso di energia e informazioni) emerge dalle interazioni fra processi neurofisiologici e relazioni interpersonali.
- Lo sviluppo della mente è legato alle modalità con cui la maturazione geneticamente programmata del cervello risponde alle esperienze.

Anche se molti scienziati credono che la mente sia il risultato dell'insieme dei circuiti neurali e dei loro modelli di attivazione (che generano processi come l’attenzione, le.emozioni, la memoria), non sappiamo esattamente in che modo il cervello produca l'esperienza soggettiva della mente. Per cercare di collegare mente e cervello possiamo considerare la mente come un flusso di energia e dì informazioni. Per esempio, potete riconoscere l'energia della mente nelle proprietà fisiche de! volume della vostra voce, nel vostro stato di vigilanza o di sonnolenza, nell'intensità dei vostri livelli di comunicazione con un'altra persona. L'energia utilizzata nelle varie regioni cerebrali può essere valutata mediante tecniche tomografiche (che misurano il consumo di determinate sostanze o t'aumento del flusso di sangue, indice di incremento dei processi metabolici) o elettroencefalografiche (che identificano onde di attività elettrica). Potete invece riconoscere il flusso di informazioni della mente anche nel significato delle parole che state leggendo; il significato è un aspetto fondamentale nei meccanismi mentali di elaborazione delle informazioni. Le modalità con cui creiamo rappresentazioni e simboli a partire da vari tipi di informazioni che riguardano il mondo esterno o interno influenzano in maniera diretta la costruzione della nostra percezione della realtà. A livello cerebrale, le informazioni sono generate da modelli di eccitazione neuronale in diversi circuiti. La localizzazione dei circuiti.'attivati determina la natura dell'informazione (per esempio, visiva anziché uditiva), mentre un particolare modello di attivazione determina l'informazione specifica (il fatto di vedere la Torre Éiffel piuttosto che il Golden Gate Bridge).
Alla nascita gli esseri umani sono creature estremamente immature; i bambini nascono con cervelli molto poco sviluppati e dipendono dagli adulti per la loro sopravvivenza. Lo sviluppo del cervello è regolato dai programmi geneticamente determinati di maturazione del sistema nervoso ed è influenzato dalle esperienze. Ciò significa che l’immaturità del cervello del bambino fa si che le esperienze giochino un ruolo significativo nel determinare le caratteristiche delle connessioni neuronali in via di formazione. Le esperienze plasmano anche le strutture cerebrali che successivamente permetteranno il ricordo delle percezioni di queste stesse esperienze.
Le cure che gli adulti forniscono al bambino, alimentano Io sviluppo di strumenti mentali essenziali per la sopravvivenza. Queste esperienze di attaccamento consentono al bambino di crescere e di acquisire capacità altamente flessibili e adattive come la regolazione delle emozioni, il pensiero, lo stabilire relazioni empatiche con gli altri. Le neuroscienze mostrano che queste funzioni mentali derivano dall’integrazione di particolari circuiti cerebrali. Dati provenienti dagli studi sull'attaccamento indicano quali sono le esperienze relazionali di cui il bambino ha bisogno per garantire uno sviluppo ottimale di questi processi mentali. Mettendo insieme i pezzi di questo "elefante" secondo un Approccio neurobiologico interpersonale, è probabile che le relazioni di attaccamento favoriscano Io sviluppo di funzioni cerebrali integrative che permettono l'acquisizione di queste capacità emozionali, cognitive e interpersonali.

2. Memoria, cervello e sviluppo: la memoria fa di noi ciò che siamo.

Lo studio della memoria costituisce un'area dì ricerca affascinante, che recentemente ha fornito tutta una serie di nuove conoscenze sulle modalità con cui le esperienze plasmano la mente e il cervello. Oggi sappiamo che le esperienze possono continuare ad avere un impatto sulle strutture cerebrali nel corso della nostra intera esistenza, modificando le connessioni che si stabiliscono fra i neuroni. Per il cervello "esperienza" significa attività elettrica neuronale, basata su un flusso di ioni che corre lungo le fibre delle cellule nervose. Si stima che nel cervello umano siano presenti circa venti miliardi di cellule nervose, ciascuna delle quali è direttamente collegata, in media, ad altri diecimila neuroni; allineate, queste fibre neuronali si estendono per un totale di oltre tre milioni di chilometri. L'insieme di questi collegamenti crea quindi nel cervello una rete di incredibile complessità, che prevede migliaia di miliardi dì Connessioni neuronali o sinapsi. Il numero dei possibili pattern o profili di eccitazione si aggira secondo alcuni attorno a dieci elevato alla milionesima potenza; si pensa che ciò faccia del cervello la più complessa fra le strutture naturali o artificiali esistenti nell'universo.
Numerosi studi hanno mostrato che il funzionamento della memoria si basa sulla modificazione delle connessioni fra cellule nervose. Quando diversi neuroni vengono attivati contemporaneamente si creano legami associativi; in questo modo, per esempio, se un cane vi morde mentre sentite l'esplosione di fuochi artificiali, la vostra mente in seguito potrà associare le sensazioni di paura e dolore non solo all'immagine di un cane, ma anche al rumore dei fuochi d'artificio. Questi legami si stabiliscono, secondo l'assioma formulato circa mezzo secolo fa dal medico e psicologo canadese Donald Hebb, per il fatto che neuroni eccitati contemporaneamente tendono a venire collegati fra loro. Più recentemente lo psichiatra e neurobiologo Eric Kandel ha vinto il premio Nobel per aver dimostrato che quando i neuroni sono eccitati ripetutamente, il materiale genetico contenuto nei loro nuclei viene "attivato" con l'induzione della sintesi di proteine che possono essere utilizzate per la formazione di nuove connessioni sinaptiche con altre cellule nervose. L'eccitazione e l'attività elettrica neuronale (esperienza) provocano quindi l'attivazione di meccanismi genetici che permettono al cervello di modificare la sua rete di connessioni interne (memoria).
Lo sviluppo del cervello è legato alla crescita delle cellule nervose e alla creazione di nuove connessioni neuronali; la scienza ci dice dunque che memoria e sviluppo sono due processi sovrapposti, e che le esperienze contribuiscono a plasmare le strutture cerebrali in via di maturazione. I geni sono in gran parte responsabili delle modalità con cui i neuroni si collegano fra loro, ma ugualmente importante è il fatto che, attivando i geni, le esperienze influenzano tali processi di associazione. Contrapporre questi meccanismi interdipendenti generando alternative semplicistiche del tipo esperienza o biologia, natura o cultura è del tutto inutile. In realtà, le esperienze plasmano la struttura del cervello del cervello: l'esperienza è biologia. Il modo in cui ci comportiamo nei confronti dei nostri bambini cambia ciò che sono e come si svilupperanno. Il loro cervello ha bisogno del nostro coinvolgimento come genitori; la natura ha bisogno di cultura.
Il cervello è costruito e programmato in modo tale da garantire la regolazione dello sviluppo delle strutture fondamentali per una crescita normale; noi dobbiamo solo fornire le esperienze interattive e riflessive necessarie..alla crescita del cervello sociale del bambino, non eccessivi bombardamenti sensoriali o stimolazioni fisiche. I genitori possono essere considerati come scultori del cervello in via di sviluppo dei loro figli. Il cervello immaturo del bambino risente "fortemente delle esperienze sociali; in questo senso i genitori adottivi sono anche genitori biologici, perché le esperienze familiari a cui danno origine plasmano la struttura biologica del cervello del bambino. Il fatto di essere genitori naturali è solo uno dei modi in cui i genitori influenzano la vita dei loro figli.

3. Esperienza e sviluppo della memoria e del Sé.

La memoria è il processo attraverso cui le esperienze plasmano le connessioni fra cellule nervose, modificando i pattern presenti e futuri di attivazione neuronale secondo modalità particolari. Per esempio, se non avete mai sentito parlare del Golden Gate Bridge la lettura di queste parole susciterà in voi una risposta diversa da quella evocata in una persona che vive a San Francisco, e che può immediatamente visualizzare il ponte e richiamare una serie di sensazioni ed emozioni associate alla sua immagine. Le due forme principali dì memoria, implicita ed esplicita, funzionano in modo abbastanza diverso. La memoria implicita (emozionale, comportamentale, percettiva e somatica) è presente fin dalla nascita, o probabilmente anche prima, in quanto i circuiti neurali che utilizza sono in via di maturazione ma già funzionanti. La memoria implicita include anche i processi con cui il cervello crea generalizzazioni di esperienze ripetute nella forma di modelli mentali.
La memoria esplicita usa gli stessi meccanismi di base per la registrazione dei ricordi, ma elabora queste informazioni attraverso processi che coinvolgono l'ippocampo, una struttura integrativa del cervello; il suo funzionamento dipende quindi dalla maturazione di questa regione cerebrale, che avviene solo dopo il diciottesimo mese di vita. Con lo sviluppo dell’ippocampo la mente diventa capace di formare connessioni fra i disparati elementi della memoria implicita e di creare una mappa in cui vengono integrate le rappresentazioni neurali delle esperienze. (Nota: il contributo postato da Pietro Cesare sulle mappe emotive probabilmente si riferisce a questi modelli mentali).Questi processi costituiscono le basi fondamentali delle due forme principali di memoria esplicita, semantica e autobiografica. L'ippocampo svolge quindi il ruolo di "organizzatore cognitivo", creando legami associativi fra rappresentazioni che hanno origine in diverse fasi temporali, da percezioni di diversa natura (visiva, acustica, tattile) o da concetti (idee, nozioni, teorie).
A partire all'incirca dal secondo anno di vita la maturazione delle regioni cerebrali prefrontali; permette l'inizio dello sviluppo del senso di se e del tempo, caratteristiche essenziali della memoria autobiografica. Il periodo che precede questa tappa evolutiva corrisponde alla prima fase della cosiddetta "amnesia infantile", in cui la memoria implicita è presente, mentre quella esplicita non è ancora entrata in funzione. Anche dopo la comparsa delle forme autobiografiche e della memoria i bambini hanno difficoltà a rievocare in maniera esplicita e continua gli avvenimenti della loro vita, difficoltà che in genere permane almeno fino ai cinque anni di età.
Le ragioni di questa forma di amnesia non sono chiare. È possibile che per molti di noi i processi che consentono il consolidamento dei ricordi, l'integrazione della sconfinata serie di elementi immagazzinati dalla nostra memoria, non giungano a maturazione prima dell'età scolare. I ricordi espliciti vengono inizialmente immagazzinati nella memoria a breve termine e passano quindi nella memoria a lungo termine grazie all’attività dell’ippocampo. Con il passare del tempo, i ricordi a lungo termine possono diventare permanenti attraverso un processo chiamato consolidamento corticale, che rende il richiamo di tali ricordi indipendente dall'ippocampo. Questo processo sembra essere correlato al sonno REM (Rapid Eye Movement), le fasi del sonno in cui sogniamo. Il sogno, associato all'integrazione di emozioni, memoria e meccanismi di elaborazione degli emisferi destro e sinistro, potrebbe coinvolgere alcuni circuiti integrativi che nei primi anni di vita non hanno ancora raggiunto una maturazione tale da permettere un facile accesso ai ricordi espliciti autobiografici nelle fasi successive dell'esistenza. I bambini in età prescolare sognano e sono in grado di evocare ricordi espliciti di esperienze vissute; è tuttavia possibile che a quell'età un incompleto sviluppo dei processi di consolidamento corticale non consenta ancora a questi ricordi espliciti autobiografici a lungo termine di essere immagazzinati in forma permanente. Se l'immaturità del consolidamento corticale costituisce il fattore limitante, possiamo comprendere perché la maggior parte di noi trova difficile richiamare ricordi definiti che si riferiscono ai primi periodi di vita. Una modalità importante con cui i bambini piccoli elaborano le esperienze che hanno vissuto è il "far finta". Creando per gioco scenari in cui mescolano esperienze reali e immaginarie, sono in grado di esercitare nuove capacità e di assimilare le complesse componenti emozionali del mondo sociale in vivono. L’elaborazione di storie, nel gioco e presumibilmente anche nel sogno, potrebbe rappresentare un processo attraverso il quale la mente cerca di "dare un senso" alle nostre esperienze e di consolidare questi elementi di comprensione in una visione coerente di noi stessi nel mondo.
Dopo i primi anni di vita la maturazione del corpo calloso e delle regioni prefrontali può consentire processi di consolidamento da cui emergono un senso di sé nel tempo e una conoscenza di sé che sono alla base di ciò che chiamiamo memoria autobiografica. Questa maturazione neurobiologica potrebbe spiegare il ritardo con cui nell'infanzia compare la capacità di avere un accesso continuo ai ricordi autobiografici. Attraverso processi di consolidamento probabilmente creiamo il senso autobiografico di noi stessi, un'entità che è plasmata dall'esperienza e che continua a svilupparsi per tutto il corso della nostra esistenza.
Esperienze che comportano uno stato di stress possono avere sulla memoria effetti diversi da quelli indotti da eventi non traumatici. Traumi non risolti possono inibire la normale elaborazione dei ricordi interferendo con i meccanismi di registrazione e immagazzinamento. Per esempio, un'esperienza sconvolgente potrebbe bloccare la registrazione esplicita inibendo l'elaborazione da parte dell'ippocampo di un input, che in questo modo potrebbe venire processato solo dalla memoria implicita; possiamo ipotizzare che ciò avvenga a causa di un'eccessiva secrezione di neurotrasmettitori o ormoni associata all'intenso stress provocato dall'evento traumatico. Un altro meccanismo coinvolto potrebbe essere legato ai fenomeni per cui nel corso di un'esperienza traumatica l'attenzione e la consapevolezza conscia vengono focalizzate su aspetti non traumatici dell'ambiente; anche in questo caso la registrazione dei ricordi sarebbe possibile a livello implicito ma non esplicito, in quanto le attività di elaborazione dell'ippocampo richiedono un'attenzione conscia. Il risultato di entrambi i meccanismi sarebbe una condizione caratterizzata da tracce mnestiche implicite che, se riattivate, possono pervadere la mente senza che l’individuo abbia la sensazione di stare evocando una qualche forma di ricordo. I ricordi impliciti sono inoltre privi di quei legami associativi, forgiati dall’ippocampo, che li possono collocare in un contesto che li rende comprensibili. In assenza di una elaborazione esplicita, i ricordi impliciti possono in casi estremi manifestarsi come flashback; più spesso sono fonte di rigidi modelli mentali, che in un genitore possono compromettere la capacità di fornire ai figli risposte flessibili e adeguate alle loro richieste. (da Siegel & Hartzell, 2005).